
Scuola Formazione Teologica
Diocesi San Marco Argentano - Scalea



Inaugurazione Scuola Formazione Teologia
2024-2025
Lunedì 4 novembre a Cetraro, presso la Colonia San Benedetto, si è tenuto il primo dei due incontri unitari della Scuola Diocesana di Formazione Teologica “Mons. Ernesto Agostino Castrillo”, da quest’anno dislocata nei due poli di Scalea e San Marco: l’inaugurazione dell’anno formativo; mentre il prossimo incontro sarà il seminario sulla “Fratelli Tutti”. Le lezioni presso i due poli della Scuola Diocesana hanno avuto inizio lunedì 28 ottobre, ma oggi viene solennemente sancita l’inaugurazione tramite un momento formativo unitario di grande spessore: la relazione del prof. Luca Diotallevi, sociologo e ordinario a Roma Tre, sul tema della partecipazione ai riti religiosi in Italia dal 1993 al 2019, presentando l’omonimo suo libro “La Messa è sbiadita” (ed. Rubbettino).
Il Vescovo Mons. Stefano Rega ha introdotto i lavori, ringraziando il nuovo Direttore della Scuola, Don Roberto Oliva, unitamente a tutti i docenti la loro generosità. Un grazie è stato espresso anche nei riguardi di Don Giovanni Mazzillo, Direttore fino allo scorso anno formativo, per la dedizione e profusa come Direttore e la passione come docente. Il Vescovo si è detto entusiasta per la risposta degli studenti, a motivo dell’interesse circa l’ambito formativo e l’incrementato nelle iscrizioni, poiché la Scuola di Teologia risponde all’esigenza di “rendere ragione alla fede”, quale centro formativo che accompagna tutte le iniziative culturali della diocesi, ovviamente grazie ai cammini integrati dagli Uffici Diocesani.
Sebbene apparentemente “fuori luogo”, ha sottolineato don Oliva, che il tema scelto per l’inaugurazione dell’anno formativo è dovuto al fatto che un cristiano che sta nella storia non può che confrontarsi con altri saperi per il dialogo costruttivo da uomini e donne autentici: non è una mera questione di numeri, ma partendo da un dato allarmante, che sebbene in Calabria ancora non abbia toccato i picchi di altre regioni d’Italia, non può che interpellarci per essere poi interpretato come segno dei tempi alla luce della Pasqua, in vista del cambiamento che il Signore ci chiede.
Punti trattati da Diotallevi, che mette a disposizione dati ISTAT su un campione di 40 mila individui interpellati, in vista di un discernimento ecclesiale postumo che non sta al sociologo, specificando che va tolto l’alibi del lockdown durante la pandemia covid, in quanto non fa testo col trend alla partecipazione a messa, sono i riti in quanto processi speciali che generano energia e identità. Il professor Diotallevi ha detto senza mezzi termini che anche la dimensione religiosa del cristianesimo vede l’avanzare del fenomeno dell’individualizzazione della domanda religiosa, ove è il singolo con le proprie convinzioni ad avere la meglio, condizionando di conseguenza l’offerta alla domanda.
La dinamica è costante in merito al calo continuo che dal 2005 subisce un’accelerazione in tutto il mondo come un declino di un terzo di quanti dichiarano di aver dismesso la pratica religiosa.
All’interno di questo fenomeno tante sono le tendenze, di cui vale la pena sottolinearne due: anzitutto la presenza delle donne è superiore rispetto agli uomini, ma molto vicino al dato maschile, e, in secondo luogo il dato secondo cui la riduzione alla socializzazione religiosa avviene in età giovane (20 anni circa). È consapevole il prof Diotallevi che la partecipazione alla messa come variabile indipendente spiega sempre meno, ma alla lunga dice, invece, che il cristianesimo sta perdendo sapore, cioè la capacità di discriminare comportamenti negli ambiti dell’esistenza, cioè in politica, famiglia, economia ecc. Viene percepita, inoltre, la via individuale alla carità a dispetto di quella istituzionale, anche se tendenzialmente chi frequenta avverte meglio questa esigenza. Uno spiraglio di speranza, ancorato al realismo del dato scientifico, viene ulteriormente messo in luce dal relatore: sebbene si riduca la partecipazione ai riti religiosi, sociologicamente parlando, in una società di micro-frammenti un frammento più grande può fare la differenza e, nello specifico del tema trattato, il punto è la qualità della liturgia, tant’è che quando si punta sulla performance del celebrante, magari giovane ed innovativo, viene di fatto incentivato il consumo religioso.
Incalzato dalle domande del Direttore don Oliva sul calo vertiginoso della partecipazione a messa e alla vita ecclesiale, prima, e sull’aumento del disimpegno nel sociale da parte dei credenti, poi, il Dott. Diotallevi nota che la retorica ecclesiastica è troppo incentrata sul calo di vocazioni al sacerdozio, che, a suo parere, richiede spiegazioni che esulano dall’ambito quantitativo, poiché di fatto con la diminuzione dei fedeli alla vita ecclesiale cala anche per così dire la mole di “lavoro” che gravava sul singolo presbitero e, inoltre, si registra una sorta di “reclutamento” di presbiteri e religiosi da zone geografiche da questo punto di vista certamente più feconde.
Il relatore conclude mettendo in luce come una sorta di consegna tre elementi. Il primo dato da tener ben presente è un processo della modernità, secondo cui ciascuno vuole essere se stesso e richiede una formazione più adeguata, che necessita di una risposta ecclesiale, in merito alla quale il Vaticano II ha già fornito degli orientamenti; basti guardare il Documento di base Il rinnovamento della catechesi e l’Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi di Paolo VI, oltre alla prima Enciclica di Paolo VI Ecclesiam Suam. In secondo luogo, si deve prendere in considerazione il dato storico da cui non si può prescindere e nel nostro Paese consiste in un avanzatissimo stadio di secolarizzazione in cui si inserì nel secolo scorso il c.d. “pericolo rosso”, secondo cui negli anni ’20 e ’30 in larghissima parte le istituzioni ecclesiastiche abboccano all’inganno del regime fascista, come testimoniano, ad esempio, le note vicende dell’esilio di don Luigi Sturzo e le due espulsioni di Giovanni Battista Montini da incarichi di rilievo per espresso desiderio del duce. Una terza ed ultima considerazione riguarda l’apertura ai movimenti: sulla scia del protestantesimo americano ad inizio Novecento non si è fatto altro che diversificare l’offerta interna, senza affrontare gli elementi critici della modernità, alcuni da contrastare e altri da assumere, ma inserendo solo qualche correttivo. Il processo di frammentazione ecclesiale, proprio della secolarizzazione, forse andava affrontato secondo quanto affermato dal Decreto sull’apostolato dei laici Apostolicam actuositatem al n. 18: «i fedeli sono dunque chiamati ad esercitare l’apostolato individuale nelle diverse condizioni della loro vita». La via indicata viene, dunque, dal Vaticano II e dal Magistero di Paolo VI ed il rito liturgico è un’esperienza che si fonda sulla distinzione tra carisma e ministero (Lumen Gentium al n. 4).